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intestazione

Priori

Titucci Ausculanorum Goliardorum Gran Balì

Formatosi goliardicamente sotto i predecessori Rocco e Michele Soriani ed Enzo Placido, con i quali aveva collaborato già da studente locale, Potito Mele fu, nel 1969, il Priore del decennale della festa della Matricola Ascolana, che volle celebrare in pompa magna accentuandone caratteri ed aspetti parodistico-religiosi, richiamando l’antica tradizione dei clerici vagantes.

Per questo diede il massimo risalto alla manifestazione esterna alla sfilata dei carri allegorici e al processo alla matricola, cui per la prima volta presero parte anche le ragazze goliarde, le quali negli anni precedenti erano state presenti solo al Gran veglione serale.

Tutte furono coinvolte, insieme alle relative madri, parenti e amiche, nella preparazione dei mantelli con i colori delle varie Facoltà e delle casacche con quelli giallo e bleu del paese, che il Priore fece indossare rispettivamente a tutti gli anziani, alle colonne e ai fagioli, sia durante la sfilata che nel corso della serata danzante.

Alle ragazze diedero un grosso aiuto nella preparazione di quegli indumenti perfino le suore del Monastero di San Giovanni, le quali tra l’altro cucirono lo zucchetto di velluto rosso e ricamarono sul mantello bianco del Priore il nuovo logo della Consorteria Goliardica Ausculana, due berretti goliardici con le punte inversamente disposte come nel numero 69, che simboleggiò da allora il nuovo Ordine istituito al posto di quello del Gran Cintronis.

Per allietare la serata danzante il Priore rinunciò ai più famosi complessi musicali della provincia per lanciare alla grande quello locale diretto dalla matricola Matteo Di Nunzio, che con la chitarra hawaiana riproponeva magistralmente molti brani resi famosi dal duo Santo & Johnny. Tra le altre novità introdusse l’elezione di Miss Goliardia, l’omaggio floreale con l’offerta di una rosa a tutte le donne presenti in sala, la nomina di Priore honoris causa di ex goliardi distintisi nelle professioni e nella vita civile o in campo culturale.

Per la sua “politica di spesa”, che non lasciava spazio alcuno alla divisione dei resti della “questua” tra priore ed anziani, alcuni di questi cercarono di esautorarlo accampando una pretesa maggiore anzianità in bolli e approfittando dell’influenza che lo aveva colpito due giorni prima della festa.

Per dirimere la questione e per farlo rimanere in carica dovette intervenire con la forza e il peso dei suoi bolli il Pontefice Massimo Michele Soriani e solo così la festa potè tenersi regolarmente.

Essa d’altra parte riuscì magnificamente, com’era prevedibile, nelle manifestazioni esterne più colorite, affollate e vivaci del solito mentre il veglione serale vide, inevitabilmente, un minore afflusso di gente proprio per il dilagare dell’epidemia influenzale, che aveva colpito oltre al Priore, ancora febbricitante, molte altre persone. Tra queste anche le due cantanti del complesso musicale, alle quali il Priore chiese, in maniera tra l’ineffabile e l’enigmatico, di farsi perdonare il ridotto impegno profuso nella loro prestazione “diversamente”.

Il decennale della festa si chiuse una settimana dopo con una sontuosa cena in un rinomato hotel di Foggia.

Il Priore Mele si distinse e viene ricordato per le sue capacità organizzative più che per doti di allegro e vivace intrattenitore. Fu soprattutto fecondo ed esperto estensore di “papielli” in latino maccheronico e di processi alla matricola, in cui cominciò a cimentarsi l’anno precedente sotto il “consolato” di Tonio Caione e di Nicola Mitola e continuò a farlo per diversi anni ancora per conto di altri suoi successori.

Per le sbornie fenomenali prese nel corso di alcune feste ricevette l’epiteto “lu caniste” mentre quello di “Frate di certosa” gli venne dato per la sua esilarante interpretazione, con voce da basso, dell’omonima canzone eseguita insieme a Salvatore Moscato, che si esibiva nel ruolo di “Suora Bice”, con voce in falsetto.